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Sono Mummybook, Nick Mummybook 007 in azione

  • Nick Mummybook
  • 21 giu 2021
  • Tempo di lettura: 3 min

Aria, aria, aria. Dopo due anni di Covid, niente sport e dad, la parola d’ordine è una sola: uscire! Che poi si declina in andare al parco con pattini, monopattino, bicicletta, pallone. Lo skateboard ancora no, che quello è in arrivo. Ad ogni modo, il movimento è assicurato.

Mi vesto leggera, anzi leggerissima. Lo dico pure canticchiando, mentre mi allaccio le scarpe…perché ho voglia di niente… anzi leggerissima…

Non importa che la gonna pantalone bella ampia starebbe meglio con i sandali o con un po’ di tacco, metti che devo correre dietro a una delle tre (e l’ipotesi non è affatto peregrina) devo essere scattante e allora opto per le scarpe da ginnastica.

Mi vesto leggera, anzi leggerissima. Con una camicia di lino, che, un po’ dubbiosa, infilo dentro l’elastico in vita della gonna pantalone. Mi guardo allo specchio: potrei sembrare Olivia Newton-John nei panni di Sandy in Grease, ma la Sandy prima della trasformazione, non quella tutta in pelle, total black e capello riccio, ma quella viso angelico, colletto inamidato e sorriso candido. Potrei sembrare Sandy, se avessi almeno venti anni in meno. Nella realtà, sembro una un po’ rimbambita. Ma è la versione Nick Mummybook out-door. Che poi? L’imperativo era uscire? E siamo uscite!

Arrivate al parco, punto al secondo obiettivo educativo della giornata: rendere le figlie autonome, o per lo meno, dar loro l’illusione di essere capaci di muoversi nello spazio, lontane da mamma e papà. Così stabilisco un percorso che possono fare, senza che io mi muova dalla panchina ombreggiata. Da qui c’è solo un punto in cui non le vedo, quando passano dietro ad un cespuglio, ma voltandomi indietro e strizzando bene gli occhi, pur in mezzo alle foglie, riesco a tenerle comunque sotto controllo, mentre loro si illudono di andare da sole.

Procedono così: Paola fa strada con la bici e ogni tanto prova ad andare senza mani: mi viene un colpo al cuore, ma farò finta di non aver visto niente; Camilla, col monopattino, si muove con la stessa grazia di Mary Poppins, che vince la corsa sul cavallo da giostra: la guardo e rido; infine, Sandra pedala, come un’anatra col becco in su, fiera e incredula di aver imparato ad andare senza rotelle, così… al primo colpo.

In borsa ho Murakami, ma non riesco neanche ad aprire la borsa, figuriamoci il libro! Loro devono credersi libere, ma io le sorveglio meglio di uno 007.

Quando ci raggiunge Emma, la cuginetta di Paola, Camilla e Sandra, si può mettere in atto anche l’obiettivo numero 3: dar loro l’illusione di poter andare da sole al chioschetto, a prendere un gelato. Emma ha 11 anni compiuti, fa le medie, insomma, agli occhi delle mie figlie, soprattutto di Sandra, è grande. É giusto che vadano da sole. Soprattutto per Paola, che spesso manifesta tutta la voglia di non essere trattata più come una bambina. Si avviano pimpanti e libere tutte e quattro.

Libere? Eh eh, credono loro. Appena si girano, con totale rinuncia a Murakami, prendo la bici di Paola e inizio a seguirle. Le vedo al Chioschetto, vicino all’espositore dei gelati. Io ferma, a distanza, dietro a un albero. Potrei sembrare ancora Sandy, se fossi sulla moto cromata di un bellimbusto, invece sono in sella ad una bici 24”, pure arrugginita in qualche punto.

Ad ogni modo, resto ben mimetizzata, mentre loro acquisiscono sicurezza di movimento, credendo di dover e saper badare da sole a se stesse.

D'un tratto, però, un bambino, a pochi metri da me, chiede aiuto: gli si è incastrata la ruota della bici in una sorta di binario della pavimentazione.

Mi chiedo se il piccolo ciclista sia solo.

Butto un occhio verso il chioschetto, non le vedo più: Le piccole donne crescono devono essere alla cassa.

Mi sposto, sempre in bici, per aiutare il bambino, ma non appena mi muovo, il padre, da lontano, gli urla:

- Ma scendi e portala a mano!

Il bambino obbedisce, si libera in un secondo.

In quello stesso secondo, però, io sono uscita allo scoperto e le bambine staranno già pagando.

Mi affanno a tornare al mio punto di osservazione. Pedalo goffa come una papera sovrappeso, con la gonna pantalone che è tutta un sbuffo, su una bici palesemente troppo piccola per me…se mi vedessi dall’esterno direi: Ma quella che fa?

Vestita inadeguata anzi inadeguatissima. Ma è il ruolo di agente segreto che me lo impone! L’albero-nascondiglio è vicino. Ed io pedalo più forte, e fa caldo, e sudo, quando, tutt’a un tratto, una freccia rapida mi colpisce alle spalle, non sibilando, ma urlando squillante:

- Ah mamma, sei venuta a controllarci con la bici di Paola!

Mi sentivo segreta anzi segretissima.




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