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Scuola: tutta la verità sugli open-day

  • Nick Mummybook
  • 19 gen 2023
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 25 gen 2023


Sono i giorni in cui le scuole aprono ai genitori. Con un solo obiettivo: fare quanti più iscritti possibile. Cosa che, tra denatalità e numeri minimi fissati per legge in ogni classe prima, non è affatto semplice. Ma quali sono i dettagli da considerare, per garantirsi una solida formazione per i propri figli? Perché - è bene ricordarlo - la scuola è formazione, umana e culturale. Non un vestito o un accessorio di moda, che lo indossi e poi lo butti via, quando iniziano a soffiare nuovi venti glamour.

Gli open day sono come avere a pranzo degli ospiti con cui non si è in particolare confidenza. Come si accolgono?

C’è chi è più formale. Li fa accomodare nel salone di rappresentanza. Serve bevande e cibi prelibati. Ha tirato fuori l’argenteria e la porcellana. Si è preoccupato di rassettare e sistemare ogni gingillo in bella vista. Lampadari e vetri sono scintillanti. Così come il pavimento e la cristalleria. E i figli - qualora ci siano bambini in famiglia - sono in un’altra camera, al piano superiore con la tata o in ludoteca o dai nonni. Di loro, insomma, non c’è traccia, se non fosse per i sorrisoni senza denti, in enormi cornici d’argento. Nessuna voce stonata. La discussione procede armoniosa per tutta la sera, su una musica di sottofondo, scelta ad hoc per l’occasione. Anche i passi della padrona di casa sono ovattati sui tappeti persiani. Pieno rispetto per l’etichetta. Buon gusto e piacevolezza.

C’è, invece, chi è meno formale. Non pensa affatto di neutralizzare i figli. Anzi se ha anche un cucciolo di gatto o cane, lo lascia libero a gironzolare per casa, come fa sempre. Col rischio che allunghi una pipì sul pavimento. Tanto i tappeti non ci sono. La casa è comunque pulita, eh! Ordinata un po’ meno. Cristalleria in mostra non ce n’è. L’unico oggetto di cristallo sono i lampadari, perché evidentemente lì i figli - ammettiamo che ce ne siano di varia età e temperamento - non essendo in grado di arrivarci, li hanno risparmiati. Non campeggiano su una candida tovaglia ricamata a tombolo posate d’argento né in piatti di porcellana. Si beve in bicchieri di vetro, dell’Ikea o della Nutella, e si mangia in piatti di uso quotidiano, magari scalfitisi in un carico di lavastoviglie troppo veloce, a metà tra l’inizio della digestione e delle corse pomeridiane. Le pietanze servite non sono raffinate ma genuine. Le porzioni generose, come farebbe una nonna, non un cuoco di nouvelle cuisine. Il vino rigorosamente della casa, non da enoteca.

Quando tornate a casa, se siete stati accolti alla Csaba maniera, siete entusiasti, appagati. Immaginate già vostro figlio o vostra figlia vestire i panni di un piccolo lord o di una principessina. Gustare pietanze prelibate. Comportarsi come il Galateo dispone. Se, invece, siete stati accolti in maniera molto meno formale, avrete magari un bel mal di testa, per il chiacchiericcio o le urla dei bambini. Avete notato il piatto scalfito e lo commentate a cena, senza notare che anche il piatto di casa vostra è scalfito. Ma per i propri figli si sceglie sempre il meglio. E allora?

Allora si deve considerare che una casa, a viverla, non si può tenere in ordine tutti i giorni dell’anno, senza un granello di polvere, senza un oggetto fuori posto. Che l’argenteria è solo per le occasioni speciali. Che le foto dei pargoli che campeggiano, magari su un bel pianoforte a coda, come trofeo di chissà quali vittorie, sono il click di un istante, che non esiste più. E si dà il caso che i figli non sorridano soltanto, ma piangano pure. E che non possono essere neutralizzati a lungo. Prima o poi dovranno pur tornare a casa. Con i loro capricci e i loro sbalzi d’umore. Urla e schiamazzi. Per una sola ragione: sono vivi!

Non considerate, dunque, l’aula magna, anche se avete mangiato molto bene nel salone di rappresentanza, che neanche al più esclusivo dei club. Perché è in cucina che si prepara da mangiare. Così come è in classe che ci si prepara al domani.

Non considerate il cristallo del bicchiere. Perché è l’acqua che disseta. Così come non dovete considerare i laboratori più accessoriati ma i docenti che ci lavorano, se siano capaci di togliere la sete di sapere ai vostri figli.

Non considerate neppure la musica di sottofondo, perché non c’è suono più bello di un’armonia non precostituita, ma figlia del dialogo e del confronto. Anche acceso. E stonato. Anzi quanto più è acceso e fa rumore, tanto più ne risulta una dolce melodia.

Considerate che neanche voi apparecchiate tutti i giorni a tavola con i piatti di porcellana. Ma sicuramente ogni giorno preparate da mangiare per i vostri figli. E che, come voi tenete conto delle intolleranze e delle allergie, vi siano docenti in grado di capire i gusti e gli appetiti, le predisposizioni e le inclinazioni, per assaggiare un po’ tutti i sapori tra i tanti piatti del sapere.

Considerate che vostro figlio o vostra figlia quella casa l’abiterà per tre o cinque anni. Io non li lascerei nelle mani di maniaci dell’ordine e della pulizia. Mi fiderei molto di più di ospiti con toni meno affettati, ma più genuini. Perché è la sostanza che dà forma alle cose.

Nicoletta Tancredi





1 commentaire


Erika Di Lieto
Erika Di Lieto
19 janv. 2023

Complimenti prof,avete scritto solo verità in questo testo magnifico

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